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Dio dimora tra la sostanza materiale e quella dello spirito e l’amore appare come un sistema che riunisce le azioni umane e quelle divine, in una sola azione comune, della quale l’uomo è al tempo stesso soggetto e oggetto.
Grigori Grabovoi, matematico e sensitivo russo vivente

LA MORTE DELLA MORTE

  • | Giulietta Bandiera | Opinioni

La pandemia ci ha mostrato la nostra grande paura della morte. Segno che siamo pronti al prossimo salto evolutivo: rinascere nuovi.

L’immortalità è lavorare a un compito eterno.
(Ernest Renan, fisolosofo e storico delle religioni, 1823 –1892)

Uno degli aspetti positivi dell’epoca covid è che ha riportato alla luce la nostra spaventosa paura della morte, tanto che molti, per timore di morire, hanno addirittura rinunciato a vivere prima del tempo.

È notizia degli ultimi giorni, tra l’altro, che nei laboratori della Silicon Valley si stia studiando, coi soldi di alcuni miliardari interessati alla perpetuazione della vita del corpo, una startup capace di regalarci l’immortalità.

Eppure, in un universo nel quale nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma, come sancirono le scoperte del chimico Antoine Lavoisier, già XVIII secolo, il concetto di morte è un puro non senso.

A far apparire infondata l’ipotesi della finitezza della vita, sono state, in tempi più recenti, anche altre teorie scientifiche di rilievo, come quella di un multiuniverso senza fine - e probabilmente anche senza inizio - che postula, in fisica e in cosmologia, l'esistenza di universi coesistenti fuori dal nostro spazio-tempo, equivalenti ad altrettante dimensioni parallele.

Un concetto, questo, ripreso in innumerevoli film e romanzi, come “Tenet” di Christopher Nolan e “L’ultima estate” di André Aciman (pubblicato in Italia da Guanda), solo per citare gli ultimi esempi.

Ognuno di noi è una costellazione di io, alcuni dei quali non albergano nemmeno dentro di noi, ma si trovano in altre persone. Ecco perché a volte ci capita di riconoscere al volo qualcuno:
perché in realtà siamo noi stessi ma nel corpo di un altro…
Ovviamente non siamo più chi eravamo un tempo, ma magari quella persona ha continuato la sua vita all’ombra della nostra.
(dal romanzo “L’ultima estate” di André Aciman)

Già nella Bibbia, del resto, l’essere umano ha una relazione con Dio che lo rende del tutto incompatibile con la morte. Nel libro della Sapienza, si legge:

Dio ha creato l’uomo per l’immortalità;
lo fece a immagine della propria natura.
(Sapienza, 3, 23)

Mentre nel I secolo a. C. Re Salomone concepiva questa idea in terra di Israele, Platone in Grecia, introduceva il concetto di immortalità dell'anima, sebbene, come ha puntualizzato Papa Ratzinger, il cristianesimo delle origini si concentrò, almeno nei primi tempi, più sul concetto di resurrezione della carne.

Un’idea niente affatto nuova, dal momento che, già nel VI secolo a. C., il filosofo cinese Lao Tze, padre del Taoismo, aveva concepito il meraviglioso adagio, secondo cui: “Ciò che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla”.

Praticamente tutte le culture antiche, ad Oriente, parlano del resto di trasmigrazione ciclica delle anime e praticano il culto degli antenati, dall’induismo dei Veda, al Buddhismo, fino alle religioni della Mesopotamia e dell’Egitto.

La stessa visione, in Europa, fra il XVI e il XVII secolo, venne condivisa dal genio di Giordano Bruno, frate domenicano e filosofo, il quale, prima di perdere essere arso sul rogo per le proprie idee, riesce a scrivere: “Io ritengo che le anime siano immortali (…) Poiché l’anima non esiste senza corpo e tuttavia non è corpo, può essere in un corpo o in un altro, o passare da un corpo all’altro”.

Ma moltissime altre menti brillanti hanno ribadito, nei secoli successivi e fino ai giorni nostri, l’idea di un essere umano tutt’altro che mortale.

Sentiamo qui di seguito alcune delle loro voci:

Il corpo umano è un sacro tempio, fatto a immagine di Dio,
perciò è indistruttibile, immortale e perfetto.
La vita è l’infanzia dell’immortalità.
(Johann W. Goethe, poeta tedesco, XVIII/XIX sec.)

La morte è solo un’esperienza attraverso la quale siamo destinati a imparare una grande lezione: non si può morire.
(Paramahansa Yogananda, filosofo e mistico indiano XIX/XX sec.)

Rallegratevi, non esiste la morte.
Non c’è.
C’è subito un’altra vita.
(Gustavo Rol, sensitivo italiano, XX sec-)

Non sono imprigionato in questo corpo, sono una vita senza confini,
non sono mai nato e non sono mai morto…
Da sempre, sono libero.
Nascita e morte sono solo una porta attraverso la quale entriamo e usciamo.
Nascita e morte sono solo un gioco a nascondino.
(Thich Nhat Hanh, monaco vietnamita e maestro del pensiero, vivente)

«Siamo biologicamente progettati per vivere per sempre,
in questo corpo e su questo pianeta».
(Angela Volpini, mistica laica italiana, vivente)

L’individualità si conserva anche dopo la morte.
(Bruce Lipton, biologo e saggista statunitense, vivente)

Vedere la morte come la fine della vita
è come vedere l’orizzonte come la fine del mare.
(David Searls, giornalista statunitense, vivente)

Ma come si conciliano tutte queste affascinanti teorie sull’immortalità, con ciò che vediamo accadere di continuo, nella nostra esperienza quotidiana e attraverso le notizie dei telegiornali, divenuti delle specie di bollettini di guerra, in cui la morte è all’ordine del giorno?

Per dare risposta a questa domanda, è necessario introdurre il concetto di co-nascita.

Con il termine co-nascita si fa riferimento a quel processo che porta l’essere umano a rinascere a sé stesso, a ripartorirsi nuovo e a rimettersi al mondo in una versione più evoluta. Un fenomeno che il nostro corpo, in continua e costante ri-generazione, conosce molto bene, ma che fino ad ora è accaduto al di fuori della nostra comprensione e del nostro controllo.

Quando questo fenomeno diverrà cosciente, di fatto, l’essere umano potrebbe giungere a superare per sempre la percezione stessa della morte, così com’è sempre stato abituato ad intenderla.

Fra la nascita e la morte s’interpone uno schermo
che deforma la nostra visione.
I nostri occhi non riescono a vedere al di là dello schermo.
Ma la vita è UNA, indivisibile, eterna.
(Dal libro: “Dialoghi con l’angelo” a cura di Gitta Mallasz)

Non è un caso che, nel gergo cristiano-cattolico, il processo di co-nascita è noto anche con l’appellativo di “immacolata concezione” e riferito a Maria di Nazareth, una figura storica, divenuta un’icona sacra, poiché rappresentativa della materia che, lasciandosi trasfigurare dallo spirito, genera da sé stessa il neonato divino, ovvero l’incarnazione di Dio nel mondo.

Il Figlio dell’Uomo, è compimento della creazione,
(Dal libro “Dialoghi con l’Angelo” a cura di Gitta Mallasz)

La domanda a questo punto è: quanto tempo ci vorrà affinché la materia bruta, cieca e inconsapevole di cui siamo fatti, si trasformi nella materia-luce sempiterna di cui sono fatti invece gli dei immortali?

La risposta potrà cogliere qualcuno di sorpresa: il tempo è diverso per ciascuno di noi e corrisponde precisamente a quello che ci occorre, individualmente, per imparare ad amare.

L’amore infatti è l’impulso creativo per eccellenza ed è quindi l’ingrediente essenziale della nostra immortalità.

Elevando l’intensità della vibrazione dei nostri corpi, l’amore ne trasforma la materia, rendendola, da lenta e pesante, a luminosa e rapidissima, capace cioè di travalicare le barriere dello spazio-tempo.

Dio dimora tra la sostanza materiale e quella dello spirito
e l’amore appare come un sistema che riunisce le azioni umane e quelle divine,
in una sola azione comune, della quale l’uomo è al tempo stesso soggetto e oggetto.
(Grigori Grabovoi, matematico e sensitivo russo vivente)

Per giunta, più amiamo, più siamo coscienti, soprattutto delle nostre possibilità, che sono illimitate, in quanto siamo fatti “ad immagine e somiglianza di Dio”.

Io sono l'Alfa e l'Omega.
Colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente!
Io sono il Primo e l'Ultimo
e il Vivente
(Apocalisse 1, 8,17,18)

Nel XVIII secolo, lo stesso Conte di Saint Germain, considerato uno dei più grandi alchimisti del suo tempo, scrisse infatti in uno dei suoi famosi trattati:

L’Uno impersonale è tutto ciò che esiste.
L’Universo è il suo corpo.
(Dal libro “Io Sono”)

Queste parole, pronunciate da qualcuno che sapeva bene come trasformare la materia, lasciano intendere che siamo già tutt’uno con Dio, proprio come la goccia è tutt’uno con il mare e che non vi è – né vi può essere - differenza alcuna fra la sostanza umana e quella divina.

La sola differenza è che la prima è incosciente, mentre la seconda è perfettamente cosciente di sé stessa e delle sue infinite possibilità.

Aggiunge ancora Saint Germain:

Non esiste individualità separata.
Ogni separatezza è soltanto illusoria.
(Ibidem)

Dunque, noi tutti – come tutto ciò che esiste - siamo già nell’Uno. E in quanto Uno, esistiamo sempre e ovunque, indipendentemente dal fatto che ne siamo o meno consapevoli. In breve, siamo tutti cellule di un solo corpo divino universale.

La morte della cellula non è la morte del corpo.
Nella Co-nascita non esiste più un di qua e un di là.
La Nuova Luce salda Cielo e terra.
(Dal libro: “Dialoghi con l’angelo” a cura di Gitta Mallasz)

Malgrado ciò che i media, al soldo dei poteri forti, si ostinano a volerci far credere, tenendoci nella paura per poterci controllare, la coscienza globale dell’umanità si è enormemente evoluta dalla seconda metà del secolo scorso, tanto che oggi, sempre meno persone muoiono veramente.

Un’affermazione, questa che potrebbe generare forti resistenze in un momento come questo, in cui quasi tutte le famiglie stanno subendo lutti sempre più improvvisi e imprevedibili.

In realtà, ciò a cui assistiamo nel mondo ha un preciso motivo. Anzi due: uno fisico e l’altro metafisico.

Il motivo fisico è che la pandemia (o presunta tale) altro non è se non la proiezione sulla realtà della nostra paura della morte. Il motivo metafisico invece è che abbiamo la necessità urgente di creare una nuova connessione fra i due mondi: quello che chiamiamo aldiqua e quello che chiamiamo aldilà, comprendendo che si tratta di un’unica e sola realtà, di un continuum spazio-temporale, in cui una dimensione si trasforma nell’altra, proprio come un colore dell’arcobaleno digrada nel successivo, senza un confine netto e senza alcuna separazione.

È innegabile infatti che noi tutti viviamo già in due mondi paralleli, uno rappresentato dalla nostra vita fisica e l’altro dalla nostra vita interiore, fatta di emozioni e di sentimenti, spesso invisibili dall’esterno.

Nella vita fisica siamo separati gli uni dagli altri, poiché il corpo, fatto di materia solida, è soggetto alle leggi di spazio/tempo e finitezza. All’interno di noi, al contrario, queste leggi non valgono e passato e futuro, vicino e lontano, coesistono. Pertanto, nella dimensione interiore – o spirituale – possiamo dire di essere collegati a tutti i nostri simili, sia incarnati, che disincarnati.

In altre parole noi siamo contemporaneamente vivi e morti. Immortali nello spirito e mortali nella materia, dal momento che, come spiega bene la fisica delle particelle, ciò che possiamo percepire come tangibile è in realtà materia inerte (già morta, in quanto ferma e fredda) mentre ciò che è invisibile agli occhi, è l’energia, o la materia-luce, semprevivente e sempiterna.

Sentite Sant’Agostino:

La morte non è niente.
Sono solamente passato
dall'altra parte:
è come fossi nascosto
nella stanza accanto.
Io sono sempre io e tu sei sempre tu.
Quello che eravamo prima l'uno per l'altro,
lo siamo ancora…
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto:
è la stessa di prima,
c'è una continuità che non si spezza.

Il brano seguente è tratto, invece, come alcuni altri inseriti in questo articolo, dal magnifico libro “Dialoghi con l’Angelo”, composto da Gitta Mallasz, un’artista ungherese sfuggita all’olocausto, che ebbe, durante le persecuzioni naziste, una guida spirituale altissima, attraverso le canalizzazioni di un’amica ebrea, Hanna Dallos, che trasmetteva meravigliosi messaggi angelici:

Voi vivete nell’eternità e nella vita,
perché la vita eterna unisce entrambe.
Ciò che è morte in basso – è in alto “vita”.
Anche tu sei morto e vivi eternamente.
Il resto è tempo e apparenza.

Ma per citare ancora il film “Tenet”, omonimo della nostra rivista, e diretto da Christopher Nolan: “Il problema non è il tempo… il problema è uscirne vivi” perciò si ricordi chi ancora si pensa distante da quel livello di coscienza e d’amore che è la condizione necessaria e sufficiente per restare in vita, che in fondo, per attualizzare l’eternità, sarebbe già sufficiente cominciare a crederci.