Il pianeta in sé, a mio avviso, non corre alcun rischio e sarà senza vita solo fra qualche miliardo di anni, quando il sole finirà il suo ciclo e diventerà gigante rossa. Siamo noi invece che corriamo il pericolo di estinguerci, poiché siamo indispensabili solo per noi stessi.
FABRIZIO TAMBURINI: HO FATTO DUE CALCOLI… PER CAMBIARE IL MONDO
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| Giulietta Bandiera | Interviste
Già candidato al Nobel per una precedente scoperta destinata a cambiare il mondo delle telecomunicazioni, oggi l’astrofisico italiano ha risolto uno dei più grandi misteri matematici di tutti i tempi: l’enigma dei numeri primi. Una scoperta che porterà a uno sviluppo di tutte le crittografie su cui si basa di Web, attraverso le password, ma anche le transazioni bancarie e le comunicazioni criptate dei cellulari e così via. Con lui abbiamo parlato di scienza, di spiritualità, di pandemia e di futuri possibili.
È notizia di questi giorni che Fabrizio Tamburini, astrofisico veneziano, già candidato al premio Nobel per la sua scoperta del 2012 riguardante la vorticità delle onde elettromagnetiche, destinata a cambiare per sempre il mondo delle telecomunicazioni, ha messo a segno un altro colpo da maestro.
Insieme al fisico siciliano Ignazio Licata, Tamburini ha infatti risolto l’enigma matematico dei numeri primi, considerato dal “Clay Instiute of Mathematics”, uno dei più grandi misteri del millennio. L’intuizione del fisico italiano dunque è di quelle che hanno fatto sobbalzare sulle loro sedie tutti i più grandi matematici del mondo che l’hanno salutata con entusiasmo, confermandone la bontà.
Gli inafferrabili numeri primi sono infatti gli “atomi” di ogni sistema numerico, ossia quei numeri divisibili solo per sé stessi, sui quali l’intera matematica si fonda.
Questa scoperta ha implicazioni importantissime. Essa impone soprattutto dei limiti concreti alla sicurezza nella crittografia classica, sulla quale sono basate le transazioni bancarie, le comunicazioni criptate fra cellulari, e lo stesso Web attraverso le password. Tutte queste crittografie sono impostate sui numeri primi ed ora, in conseguenza della scoperta di Tamburini, avranno un importante sviluppo.
CHI È FABRIZIO TAMBURINI
Originario di Venezia, Tamburini, classe 1963, discende da una famiglia di orafi, ma fin dalla più tenera età ha rivelato la sua vocazione per lo studio delle stelle.
Laureatosi cum laude in fisica all’Università di Padova e specializzatosi con un dottorato in fisica quantistica presso l’Institute of Cosmology of Gravitation di Portsmouth (GB) sotto la guida di Dennis Sciama (uno dei più celebri astrofisici dell’era moderna, già supervisore di Stephen Hawking e collaboratore di Roger Penrose), in Italia non è mai riuscito – paradossalmente - ad ottenere una cattedra e ha dovuto accontentarsi per anni di uno stipendio da precario all’Università di Padova, nonostante sia uno degli scienziati che tutto il mondo ci invidia.
Oggi lavora in Germania, all’istituto Zkm, ma è in attesa di spostarsi a Vienna presso l’Accademia delle Scienze austriaca, anche se vorrebbe prima o poi, tornare a fare ricerca in Italia.
L’INTERVISTA
Nonostante le tue grandi scoperte, per le quali siamo tutti fieri di te, tu sei però uno degli innumerevoli cervelli italiani in fuga. Come si spiega?
Tamburini: “Ho deciso di staccarmi un po’ dal vecchio ambiente perché nell’ambito dell’applicazione delle mie scoperte girano troppi soldie ciò comporta una limitazione della mia libertà di fare ricerca. Perciò ho deciso di buttarmi sulla teoria e sulla matematica pura. In questo modo non devo sottostare alle regole dettate dalla produzione industriale. Diciamo perciò che me ne sono andato perché cercavo il posto giusto dove poter sviluppare meglio le mie idee.
E a quanto pare ci sei riuscito. È vero che la tua ultima scoperta sul mistero dei numeri primi è nata durante il lockdown?
Tamburini: “Paradossalmente in questi ultimi due anni ho fatto un sacco di ricerca scientifica teorica, producendo molto di più degli altri anni. Diciamo che erano almeno sedici anni a questa parte che ci lavoravo, ma durante la pandemia la cosa ha assunto effettivamente una forma solida e concreta”.
A proposito di pandemia, tu sei di quelli che pensano che Covid è nato da cause naturali, fra quelli che la considerano il frutto di una strategia per scatenare una guerra batteriologica?
Tamburini: “Parrebbe un fenomeno della natura come tanti altri, che prima o poi poteva capitare. È successo anche cent’anni fa con l’epidemia di Spagnola. Poi può essere che qualche laboratorio, in fase di studio, se lo sia lasciato sfuggire, ma se fosse stata un’operazione premeditata, lo avrebbero forse fatto in un momento in cui l’economica fosse più forte, con un guadagno anche molto maggiore”.
Quindi non esiste un’élite che ha creato ad arte il virus per asservirci al proprio volere?
Tamburini:“Se volessero far questo, credo che basterebbe un attimo attraverso un semplice PC, con tutti i dati di cui sono in possesso, coi bitcoin e via dicendo. Piuttosto è stato un nostro errore quello di crederci eterni”.
Molti sostengono che ogni grande cambiamento è comunque un’occasione per evolvere e fare il cosiddetto “salto quantico” di coscienza. Sei d’accordo?
Tamburini:“Me lo auguro.Ma il termine quantum leap, o salto di qualità, è il salto che fa un elettrone da un livello energetico all’altro emettendo un fotone, una particella di luce. Noi però, pur essendo a nostra volta quantistici, siamo troppo grandi e massicci per obbedire solo alle leggi della meccanica quantistica, perciò mediamo di parecchio gli effetti quantistici ed evolviamo molto a fatica”.
Di meccanica quantistica si parla oggi molto e spesso anche a sproposito. Puoi darcene una tua definizione?
Tamburini:“La meccanica quantistica non è altro che un insieme di regole, come un ricettario di cucina, che però non ci permettono ancora di capire il mondo dei quanti, che è un caos di quelli pazzeschi”.
Laddove la pandemia ci ha riportato per così dire con i piedi per terra. Che cos’è invece la morte per uno scienziato come te?
Tamburini: “Ciò che ci differenzia da un albero, pur essendo fatti degli stessi materiali, dal carbonio, all’ossigeno, ecc, è la forma, vale a dire l’informazione.
La morte è l’entropia massima di un oggetto vivente, in pratica la perdita di tutta l’informazione che lo codificava”.
Ma può esistere morte in un universo dove, come diceva Lavoisier già nel Settecento, nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto continuamente si trasforma?
Tamburini:“Quell’affermazione ha un suo fondamento, ma vale anche per l’informazione, cioè per la struttura che compone la materia. Da un lato c’è la materia, dall’altro ci sono delle strutture che vanno oltre la fisica elementare e che chiamiamo sistemi complessi. La vita è uno di questi sistemi, ma, per essere descritta, richiede modalità diverse da quelle della fisica”.
Ed ecco perché di solito, quando è in difficoltà, la gente si rivolge a Dio, pregando e chiedendo aiuto a qualcosa che è, per definizione, oltre la realtà visibile. Nel caso di questa pandemia però, curiosamente, le persone si sono rivolte alla scienza, come se fosse un nuovo Dio. Tu stai dicendo invece che la scienza non è in grado di rispondere a questa grande aspettativa. È così?
Tamburini:“Certo che no. Un conto è avere un credo personale e rivolgersi a qualcosa in cui si crede, un’altra è sperare in qualcosa di oggettivo. Secondo me la scienza non può essere considerata una divinità, poiché non è altro che un discorso sulla natura. Noi non facciamo che prendere quello che ci serve, costruire delle macchine, degli oggetti, o individuare dei principi chimici, come se mettessimo insieme una cassetta degli attrezzi, o un manuale di istruzioni per vivere meglio. Ma ciò non significa che siamo in grado di dare le risposte ultime sulla vita e sulla morte. Quelle non le sapremo probabilmente mai, almeno fino a che siamo vivi”.
Voi fisici parlate però di infinite possibilità, di un multiuniverso… Lì forse le risposte preesistono …
Tamburini:“Si, ma non è detto che siamo in grado di accedervi. Come ho detto prima, la scienza è solo un discorso sulla natura, fatto col nostro linguaggio di numeri, quindi non ha realtà oggettiva. È solo un modo di interpretare la natura, perché anche scrivendo un’equazione non crei un universo.
Accade anche nella musica: in una partitura, Vivaldi per esempio riprodusse il canto di un uccellino, ma questo non significava mica che fosse stato lui a crearlo”.
Fin dai tempi del cogito ergo sum di Descartes, scienza e spiritualità sono state separate. Non sarebbe utile a tutti se tornassero a cooperare come facevano un tempo e a guardare insieme nella stessa direzione, come due occhi, per vedere più nitidamente la realtà?
Tamburini: “Questo è indispensabile, secondo me. La scienza e il raziocinio, da soli, senza l’apporto dell’animo umano, senza l’arte, la fede, la poesia, non possono che quantificare con dei numeri e dei metri, ma non qualificare la vita. Usare il raziocinio senza appellarsi all’umanità, porta a fenomeni come il nazismo. Lì il lato umano mancava del tutto; infatti, se qualcuno rappresentava un ostacolo, non ci si faceva scrupolo alcuno ad eliminarlo. Ma la vita, come diceva Ayrton Senna, il campione di F1 che è stato uno dei miei miti, è troppo breve per avere dei nemici e anche per fissarsi su una convinzione sola. Basta vedere come si scannano, in questo periodo, gli esperti delle varie categorie. Prendiamo i virologi, ad esempio, che difendono le loro convinzioni, gli uni contro gli altri, quasi si trattasse di credo religiosi. Tutto questo è ridicolo, perché al massimo tu puoi esprimere un’opinione, un punto di vista, ma esiste un solo arbitro: la natura”.
Osservando l’ordine implicito della natura, diresti anche tu che sembra esistere un pensiero ordinante?
Tamburini:“Istintivamente direi di sì, ma razionalmente posso solo dire che non loso.Tuttavia è veroche quest’ordine è osservabile anche con i nostri sensi fisici e che noi stessi facciamo parte di questo universo. Probabilmente, se non avessimo notato queste ricorrenze, non saremmo nemmeno sopravvissuti, quindi è plausibile che esista una selezione, un’interazione, o qualcosa che è oltre l’osservabile”.
Rispetto alla spiritualità quindi come dovrebbe porsi la scienza?
Tamburini: “La spiritualità fa parte di qualcosa che abbiamo dentro. E quello non si può certo misurare”.
In una conversazione, una volta, mi hai confessato tutti gli scienziati cercano Dio anche se non lo ammetteranno mai. Per quale motivo?
Tamburini:“Perché molti nemmeno lo sanno. Cercano di capire l’origine e il perché di tutto e lo fanno con lo stesso animo di quando si è bambini. Alla fine ciò può condurli a elaborare una sorta di credo religioso, poiché in fondo il procedimento che seguono è lo stesso di chi cerca Dio, anche se i linguaggi utilizzati sono differenti. Poi c’è chi è più o meno presuntuoso di altri, chi crede di sapere tutto. A mio avviso, invece, occorrerebbe sempre dubitare di quello che sappiamo. Rimettendolo continuamente in discussione.
Dopotutto l’obiettivo ultimo della scienza è proprio questo: superare sé stessa.
Tamburini: “È il principio di Galilei di non prendere niente per assunto, ma di verificarlo ogni volta. Lo stesso vale d’altronde anche per ciò che sentiamo dentro: anche di quello un attimo siamo certi e quello dopo possiamo benissimo sentire l’opposto, perché è difficile comunque, averne la sicurezza assoluta”.
Da fisico tu sei abituato ad osservare sia i corpi celesti, ovvero l’infinitamente grande, che le particelle, l’infinitamente piccolo. Ma delle emergenze che l’uomo vive in questo momento storico, quale consideri quella più urgente da risolvere? La minaccia più grande e incombente?
Tamburini:“Il pianeta in sé, a mio avviso, non corre alcun rischio e sarà senza vita solo fra qualche miliardo di anni, quando il sole finirà il suo ciclo e diventerà gigante rossa. Siamo noi invece che corriamo il pericolo di estinguerci, poiché siamo indispensabili solo per noi stessi. Quindi ilcambiamento climatico, l’emergenza sanitaria e tutte le altre emergenze sono problemi che abbiamo creato da soli e dei quali siamo direttamente responsabili. L’essere umano dovrebbe rendersi conto quindi che vive in un ambiente per tornare a rispettarlo come facevano i primitivi, che quando cacciavano un animale, lo ringraziavano perché capivano la sua importanza per la loro sopravvivenza. Noi invece abbiamo perso completamente i contatti con la realtà, questo è il problema. Siamo come dei ragazzini che hanno le chiavi di casa e che possono combinare un disastro. C’è una vignetta divertente che gira sui social, a questo proposito, in cui uno si domanda perché i radiotelescopi, quando cercano vita intelligente, sono puntati verso il cielo e non verso la terra” (ride).
Eppure è passato quasi un secolo da quando Max Plank e i padri della fisica quantistica ci hanno detto che in fondo la realtà è un prodotto della coscienza…
Tamburini:“Per essere più precisi ciò che noi chiamiamo realtà in fisica ha un mucchio di significati, che non sono chiari spesso nemmeno a noi fisici. Secondo il principio della misura, tuttavia, l’interazione, cioè l’esistenza di un’oggetto, ce l’hai solo interagendoci”.
Lo studio della coscienza, potrebbe dunque essere la nuova grande frontiera della scienza, oltre che il ponte con un approccio più spirituale alla vita?
Tamburini:“Potrebbe, ma la coscienza per il momento non è ancora definibile con una legge fisica, anche se le ricerche sull’intelligenza artificiale porteranno forse a comprendere meglio, un giorno, questo fenomeno”.
Secondo la tua visione personale, in definitiva, l’uomo è padrone del suo destino, o si limita semplicemente a subirlo?
Tamburini:“Il destino te lo puoi far tu, fino a che però non succede qualcosa che non ti aspetti e a quel punto devi rimettere tutto in discussione. È un po’ come andare in barca a vela: tu tracci la rotta, ma se poi ti ritrovi in mezzo a una tempesta imprevista, sono cavoli tuoi e a volte ti tocca cambiare totalmente rotta”.
Quindi questa nostra realtà più che superata andrebbe trascesa?
Tamburini:“Penso proprio di sì”.
E in che modo?
Tamburini:“Evolvendo”.
Il che equivale a quello che in fisica chiamate “effetto tunnel”, ossia trovarsi dall’altra parte dell’ostacolo, senza fare lo sforzo di superarlo?
Tamburini:“Esattamente. Ma la fisica, come ho detto, non spiega tutto. Ci permette solo di costruire attrezzi migliori, di capire un po’ meglio il mondo in cui viviamo, di tracciare una mappa dell’universo e di renderci sempre più conto di essere insignificanti rispetto alla natura. Questo bisognerebbe insegnare alla gente”.
L’ultimo Nobel per la fisica è andato a Roger Penrose. Ti ha fatto piacere?
Tamburini:“Altroché! Penrose io l’ho conosciuto tanto tempo fa, quando ero solo un liceale e lui, insieme a tanti altri grandi fisici, veniva a tenere conferenze a Ca’ Foscari a Venezia. Li ascoltavo parlare per ore e poi li subissavo di domande. Penrose è un eccellente matematico, ma da sempre studia anche la relazione fra il cervello e la coscienza”.
Pur essendo ateo, Penrose è ha un linguaggio mistico, tanto che la sua viene definita “una fisica per poeti”. Come ti spieghi questa contraddizione?
Tamburini: “Perché lui è un neoplatonico, che crede nella realtà della matematica a priori, ma ha sempre avuto, come tutti i suoi compagni di ricerca, un modo di pensare diverso. Infatti ricordo che io li ascoltavo parlare ad occhi sgranati per la meraviglia”.
Secondo Penrose la coscienza ha a che fare con i neuroni e quindi non è solo umana e alla fine dell’universo resteranno solo fotoni, il che è all’incirca come dire che la fine coinciderà con un nuovo inizio. Ha ragione?
Tamburini:“L’universo di luce, certamente. E in quanto alla coscienza, anche un gatto ha la propria. C’è il mio, per esempio, che usa anche il telefono, tanto che a volte mi tocca mettergli il blocco! (Ride) Pensa che una volta, quando mi telefonava Margherita Hack, spesso diceva: “Passami il Cicci” e loro due intrattenevano delle vere e proprie conversazioni al telefono!”