Ciascuna persona è portatrice di un’unicità che chiede di essere vissuta e che è già presente prima di poter essere vissuta.
AZIENDE: MAI PIÙ SENZA IKIGAI
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| F. Maria Conti | Interviste
Esiste un criterio di selezione del personale che i team manager di tutto il mondo stanno adottando sempre più di frequente per porre la persona giusta al posto giusto: parliamo dell’antica arte giapponese dell’IKIGAI, un metodo infallibile per trovare la propria funzione fondamentale nella vita, ma anche per riuscire a dare il massimo con il minimo sforzo.
Sempre più spesso gli esperti di risorse umane ricorrono a corsi di formazione per motivare il proprio personale e costruire dei team armonici ed efficienti.
Se un tempo, infatti, in azienda vigeva la regola arcaica del divide et impera, oggi la saggezza è tornata di moda e si è compreso che, se il personale è soddisfatto del proprio lavoro e dell’ambiente in cui lo svolge, renderà di più, non perderà tempo a creare conflitti e rivalità con colleghi, superiori, collaboratori o clienti e resterà per giunta in ottima salute, contribuendo così al benessere e alla crescita dell’azienda.
Sia in un’ottica di sviluppo, che nelle fasi di difficoltà, imprenditori e manager stanno ricorrendo dunque sempre più spesso a tecniche tradizionali come l’antica arte giapponese dell’IKIGAI, in grado di trasformare il labor in opus, ossia il concetto del lavoro come sforzo e sacrificio, nel nuovo concetto (ma con radici profonde) del lavoro come missione, come vocazione, come scelta e come piacere, che per altro risulta maggiormente remunerativo, sia per chi lo commissiona, che per chi lo svolge.
Il punto è che trovare un vero specialista dell’IKIGAI non è impresa facile. E a spiegarci perché è Giulietta Bandiera, giornalista di lungo corso, già autrice televisiva Mediaset e Rai e da molti anni anche creatrice e conduttrice di corsi sullo sviluppo del potenziale umano, incluso appunto l’Ikigai.
“L’Ikigai è un’arte – ci racconta - e come tutte le arti richiede un dono, un talento particolare per essere esercitata. Artisti non si diventa. O lo sei, o non lo sei. Poi, certo, chiunque può praticare un’arte a livello amatoriale, ma pochi giungono a produrre capolavori. Oggi, in compenso, vedo in giro molta improvvisazione, molti guru dell’ultima ora e mestieranti motivati solo dalla logica del profitto, che organizzano corsi costosissimi senza ottenere autentici risultati. Ma la poesia dell’Ikigai è tutta un’altra cosa. Si tratta di una tecnica sottile, altamente spirituale, oltre che profondamente umana, nonché di una grande responsabilità, giacché quando trovi l’Ikigai di una persona, è la sua vera essenza che trovi e se ti sbagli, se ti confondi, se la travisi, rischi di recarle un grave danno, di indicarle la strada sbagliata, di farla deragliare non solo nel lavoro, ma anche nella vita, facendole perdere poi il tempo e l’energia per tentare di ritrovarsi”.
E come ti accorgi invece se il bersaglio è quello giusto? Se sei andato a segno?
È la persona stessa che se ne accorge e che lo manifesta attraverso la commozione e un grande senso di compiacimento, che è quello di chi, finalmente, si sente visto e riconosciuto per quello che davvero è. Al momento della scoperta del loro Ikigai alcuni piangono, altri esplodono di gioia, altri provano un grande senso di rilassamento e di pace, poiché l’Ikigai li ha svelati a sé stessi.
Ci si può arrivare anche da soli a trovarlo, senza un trainer o un facilitatore?
Certamente, anche se dall’esterno il riconoscimento è più facile e veloce. Io sono arrivata da sola al mio Ikigai, ma dopo molti tentativi, molto tempo e un grande sforzo, mentre per trovare quello altrui a volte, dopo aver elaborato le sue risposte alle settanta domande del test, mi bastano pochi secondi.
Esattamente di cosa parliamo dunque, quando parliamo di Ikigai?
Come ho detto, l’Ikigai attiene ad un ambito squisitamente spirituale della vita di una persona e corrisponde a quello che James Hillman, nel suo libro “Il Codice dell’anima” chiamava “la ghianda”. Mi riferisco alla sua matrice originaria, al seme dell’albero che è, o, se preferite, al “verbo” che l’ha generato nella mente divina. In una parola, si tratta dell’essenza di ciascuno, della sua unicità, di quella nota distintiva che lo rende diverso da tutti i nostri simili e unico nella storia del mondo.
Ogni persona dunque ha il suo proprio IKIGAI?
Per capire meglio come l’Ikigai calzi addosso a ciascuno, io uso l’esempio dei colori.
Esistono solo sette colori dell’iride. Ma, allo stesso tempo esistono infinite sfumature di ciascun colore.
Ogni persona ha una propria sfumatura unica ed è quella che l’Ikigai la aiuta ad identificare.
Quali sono dunque i requisiti di un vero esperto dell’arte dell’Ikigai e come riconoscerlo?
Capacità di sintesi, intuizione, vero amore per le persone e insieme giusto distacco, per poterle “mettere a fuoco” senza troppo coinvolgimento emotivo.
Picasso una volta disse: “io non cerco. Trovo”. Ecco, questo è precisamente il modo in cui l’Ikigai ci si rivela. Come una visione istantanea. Perciò solo un visionario autentico può arrivarci.
L’Ikigai è una specie di caccia al tesoro. Il tesoro nascosto nella profondità di ciascuno di noi. Tutti lo cercano, ma pochi arrivano a trovarlo davvero.
Che cosa cambia nella nostra vita quando troviamo l’Ikigai?
Cambia tutto. Perché da quel momento in avanti capiamo che cosa è davvero essenziale di noi e di conseguenza smettiamo di essere un peso e diventiamo un dono. Per noi stessi e per il mondo.
In che modo la conoscenza dell’Ikigai può risultare utile anche in ambito professionale e aziendale?
Perché quando devi costruire un team, hai bisogno di risorse differenti, che siano complementari le une rispetto alle altre.
Individuando il vero potenziale di ciascuno, potrai contare su una squadra completa, di persone altamente specializzate nel proprio ambito specifico e al contempo funzionali all’attività che svolgono in gruppo e per l’azienda.
Potendo esprimere al meglio il proprio potenziale, queste persone avranno di conseguenza un rendimento maggiore, lasciando che i propri colleghi, superiori, clienti, o collaboratori, esprimano a loro volta il proprio potenziale e facciano la loro parte.
Otterrai così tre risultati in uno: in primis l’efficienza e la motivazione del singolo dipendente, gratificato dal sentirsi pienamente riconosciuto; in secondo luogo l’armonia dell’ambiente lavorativo, dove verrà superata ogni rivalità, a favore della piena cooperazione; e, per finire, migliori profitti, che sono sempre la maturale conseguenza di un’azienda in buona salute. L’azienda infatti va considerata come un organismo fatto di cellule. Se tutte le cellule sono sane e felici, l’organismo intero lo sarà di conseguenza”.
Quanto dura un tuo corso di Ikigai per le aziende e come si svolge?
Non si tratta di un corso, ma di un test vero e proprio, un test attitudinale che dura due mezze giornate, di solito comprese in un week end. La prima è dedicata alle risposte individuali alle settanta domande dell’Ikigai e la seconda alla loro elaborazione. Ma se nella prima parte ciascun partecipante risponde individualmente, nella seconda, il lavoro diviene corale. Tutti sono chiamati, dunque, a offrire il proprio contributo nel cercare, oltre alla propria, anche l’unicità altrui, il che crea un bellissimo spirito di gruppo, una sorta di colla energetica che favorisce il ritrovamento del tesoro nascosto in ciascuno.
Puoi farci qualche esempio di IKIGAI, che ha aiutato persone e professionisti a trovare la propria giusta collocazione in ambito professionale?
Ne potrei fare centinaia, di esempi, uno più bello dell’altro.
Un’amica di Alba ad esempio, aveva come Ikigai “restituire la palla”, un’ottima indicazione per una che, come lei, faceva la maestra d’asilo e spesso giocava a palla con i suoi piccoli allievi.
Il punto però che la palla lei non doveva mai tirarla per prima, ma sempre “restituirla”. Un’indicazione metaforica per dire che doveva lasciare ai suoi bambini l’iniziativa, stimolando in loro l’impulso creativo.
Come sempre, però, anche nel suo caso l’Ikigai non riguardava soltanto il suo lavoro, bensì anche la sua vita e le sue relazioni.
In amore, per esempio, le sue molte delusioni erano derivate dall’aver preso per prima l’iniziativa, andando contro la sua vera natura (quella identificata appunto dall’Ikigai) che era una natura ricettiva, e non attiva. Da allora, le è stato evidente, che il segreto della felicità di coppia per lei, non era scegliere, ma lasciarsi scegliere, attendendo di essere “corteggiata”.
Se una persona con un simile Ikigai fosse stata disoccupata, in quale altro contesto lavorativo diverso avrebbe potuto dare il suo meglio?
In qualsiasi ambito in cui la sua mansione principale fosse stata quella di “rispondere” o di “ricevere”. Avrebbe potuto essere, per esempio un’ottima centralinista, o un’abile receptionist, una bravissima commessa, un’addetta all’ufficio legale, o a uno sportello di servizio, per rispondere alle richieste e alle esigenze, ma anche alle eventuali rimostranze del pubblico. Le vie sono molte, ma la caratteristica di base per lei era avere un ruolo reattivo e non attivo. Come un contralto in un coro, rispetto a un soprano, o come un caratterista in un film, rispetto all’attore protagonista.
Scoprire di doversi accontentare di un ruolo da comprimaria non avrebbe potuto risultare mortificante per lei?
Niente affatto, se questa fosse stata, come era di fatto, la sua natura fondamentale.
Se non accettiamo noi stessi e i nostri limiti, non potremo mai superarli.
A me per esempio è capitato di cantare in un coro da contralto, per un certo periodo. Era la mia caratteristica, quella di essere una voce di appoggio, né ho mai invidiato alle soprano i loro acuti. Per me erano semplicemente inarrivabili e sarebbero stati uno sforzo, se il maestro me li avesse richiesti. Perciò, come diceva un famoso slogan pubblicitario di qualche anno fa, che mi sento di sottoscrivere in pieno: perché sforzarsi di essere eccezionali, quando si può essere semplicemente se stessi?!